
Roza, soldato dell’unità militare esclusivamente femminile del PKK che combatte contro l’Isis a Mount Sinjar, Nord Iraq, foto scattata nel Settembre 2015
Oggi ho intervistato i sindaci della città di Diyarbakir, un uomo ed una donna che insieme governano una città di quasi 2 milioni di abitanti, con il più moderno aeroporto della Turchia (e’ stato aperto da poche settimane) ma senza un singolo turista (sono tutti scomparsi dopo la rottura del processo di pace con il governo turco, subito dopo le elezioni del giugno 2015). In tutte le città curde dalla più grande alla più piccola sono stati eletti 2 sindaci: un uomo ed una donna. L’uguaglianza di genere, la democrazia diretta e l’ecologia sono le loro parole d’ordine. Tutto ciò ha l’apparenza di un mondo fantastico che tutti i giorni si confronta con un mondo reale costantemente sotto assedio: Sur, la città vecchia patrimonio culturale dell’umanità, chiusa e controllata da varie fazioni armate; i ristoranti per turisti illuminati e completamente vuoti nelle precoci serate invernali; i tassisti abituati a scansare le barricate e posti blocco come i tassisti romani scansano il traffico e le auto parcheggiate in seconda fila.

I manifestanti si coprono il volto durante gli scontri con la polizia antisommossa in una protesta del distretto di Sur, nella città di Dyarbakir, in Turchia , foto scattata il 14 dicembre 14, 2015. La polizia turca usa granate lacrimogene e cannoni ad acqua per disperdere la protesta.
Un mondo alla rovescia come i combattenti e le combattenti curde del Rojava e di Kobane che dopo aver realizzato l’autogestione nelle città siriane, liberate dall’esercito del dittatore Hassad, hanno saputo fermare per primi l’avanzata militare dell’Isis.
Diyarbakir, la capitale simbolica del Kurdistan, è ufficialmente una città Turca, le scritte stradali sono in turco, le scuole sono gestite dal ministero dell’istruzione turco, la polizia e l’esercito sono turchi ma tutto il resto è curdo. Il 90% della popolazione e’ curdo e il 90% dei curdi si riconosce nei leader del movimento curdo che lottano per l’autonomia e l’autogestione del Kurdistan. Nel momento in cui in tutto il Medioriente si rafforzano i movimenti fondamentalisti religiosi i curdi propongono una società aperta, multiculturale e laica in cui le donne hanno un ruolo prominente.
Nel momento in cui le sirene del capitalismo finanziario attirano i nuovi ricchi del Medioriente, che vogliono reinvestire i proventi del petrolio, i Curdi fantasticano di una società collettivistica che pensano possa rappresentare un’alternativa al capitalismo. Nel momento in cui le potenze regionali come la Turchia, l’Iran e la vicina Russia mettono gli interessi nazionali al primo posto della propria azione geopolitica i curdi propongono il superamento del concetto di nazione ed una società autogestita, senza uno stato centralizzato. Probabilmente nessuno può credere a tutto ciò senza vederlo con i propri occhi. Eppure visto da qui, da Diyarbakir, tocca ammettere che questo e’ il messaggio che i curdi vogliono proporre al mondo.